01 Mar La Tanara
Chi avrà mai avuto l’idea di realizzare la “Tanara”?
Virginio Marchi, un borghese “bon vivant” goloso e raffinato, accarezzandola davanti ad una deliziosa coppa di gelato gustata seduto ad un tavolino del caffè Tanara, ahimè scomparso, situato sino agli anni ’50 in quel palazzotto medioevale contiguo la Municipio ?
Oppure suo fratello Antonio, uomo di grande cultura, amante del cinema e delle belle letture, ma anche attento a profondo conoscitore del mondo dell’economia e della finanza?
Forse entrambi, necessitando un’intuizione sia pur splendida, come questa, di uno studio di fattibilità, come si dice oggi nell’arido e un po’ surreale linguaggio “economichese”, senza il quale un’idea, anche la piu’ geniale, difficilmente trova concreta attuazione.
E chi potevano, i fratelli Marchi, trascinare con sé in questa bella ed affascinante avventura se non colui (Giuseppe Tanara) che dei gelati deteneva le segrete formule per la loro produzione?
Ecco nascere, dunque, la cara vecchia Tanara di via Marchesi, agli inizi quasi una gelateria all’ingrosso o, meglio, una grossa gelateria capace di coniugare perfettamente la qualità (artigianale) e la quantità (industriale).
Ricordo bene che c’era sempre, in via Marchesi, angolo con via Sette Martiri, un delicato profumo di cioccolato e un inebriante olezzo di vaniglia, due prodotti che la grande competenza di Giuseppe Tanara cui si affiancherà prestissimo il figlio Giovanni, gestiva sapientemente ma sempre sotto l’attento e severo controllo del gourmet Virginio Marchi, fermissimo e severissimo interprete delle piu’ preziose attese dei cultori parmigiani del gelato e sempre previa autorizzazione ad operare e produrre da parte di Antonio, rigoroso ed inesorabile controllore dei costi di produzione.
Tutto questo ben di Dio (che usciva ogni giorno dalla fabbrica trasportato da candidi camioncini, su cui era ben evidenziato il marchio ovale Tanara, color rosso e richiamante quello Barilla, pensava a venderlo un giovane uomo di marketing sceso dalla montagna in cerca di lavoro e fortuna, destinato, piu’ avanti, a grandi successi come uomo politico: Lauro Grossi.
Teneva i conti dell’Azienda un ragioniere sempre elegante quanto severo e burbero, perfetto conoscitore del codice civile in materia societaria, delle leggi fiscali e di quelle per l’amministrazione del personale, quel ragionier Bongiovanni che della Tanara e poi dell’Italgel può davvero essere considerato un’insostituibile e ineguagliabile colonna portante.
Era, quello, un mondo piccolo, semplice e sereno dove ognuno operava con grande determinazione e convinzione. Furono questi valori che, credo convinsero Antonio e Virginio Marchi, autentici pionieri del gelato industriale a pensare e realizzare la nuova sede di via Bernini che fece di Parma la Capitale del Gelato, riuscendo la Tanara a contrastare e superare sul mercato antichi marchi nazionali prestigiosi e possenti.
Credo che, anche questa, sia stato per Antonio e Virginio Marchi una decisione un po’ sofferta e travagliata, ma alla fine pienamente condivisa, consci come erano del grande impegno che stavano assumendo però anche convinti della grande rilevanza che l’azienda, con il nuovo stabilimento di via Bernini, avrebbe assunto in futuro nel settore del gelato industriale.
E’ questa determinazione che mi parve di cogliere nei loro occhi quel pomeriggio di prima estate ventoso e dal cielo pieno di nubi nere e minacciose mentre accoglievano gli invitati: uomini politici, banchieri, autorità civili, prelati e belle signore, in abiti elegantissimi che sfilavano solenni ed impettiti tra le linee di produzione in un’atmosfera e scenografia dai toni vagamente felliniani.
Credo che pochi, tra di loro, fossero consci che Parma industriale si andava in quel momento arricchendo di una uova preziosa gemma produttiva, destinata a grandi successi tali da farne la Capitale del Gelato.
Non ci sono Commenti