01 Mar Gli albori aziendali
Il mio contatto con il mondo del gelato iniziò con un colloquio con il Direttore di Produzione, il Sig. Giuseppe Marazzi.
Le parole che mi disse sono queste: se sarai in grado di condurre le macchine per fare i gelati con bravura e diligenza, alla fine della campagna sarai mandato alla Barilla come tutti gli altri. Cosi’ è stato.
Alla Barilla ci aspettava un Signore con l’elenco di noi “ Tanarini” ( poi seppi che era il fratello del nostro Giuseppe Marazzi)
Fece l’appello ma quando lesse il mio nome si fermo’ e disse : Lei ha un parente qui alla Barilla ? Si, mio padre. Hai, hai, non possiamo tenere due familiari in Azienda.
Provi tornare nella sua Azienda e parlare con il Sig. Tanara.
Tornai indietro come un fulmine. A colloquio con il Sig. Tanara spiegai il perché ero li.
Mi guardo’ e disse : sei un elettricista? no! sei un meccanico ? no! diede uno sguardo alle persone che lavoravano accanto alle macchine e mi disse : li vedi ? corri nello spogliatoio, cambiati e buttati in mezzo a loro; e allora, sei ancora qui? muoviti che ho da fare.
E’ stato così che sono rimasto in Azienda senza i passaggi Tanara-Barilla-Tanara con i relativi licenziamenti ed assunzioni.
Dopo un anno mi sono sposato e molti colleghi hanno partecipato al mio matrimonio; è stata una festa passata in allegria ed indimenticabile !!
Non posso dimenticare che in precedenza la nostra Loires Fantini, con impagabile bontà d’animo, si mise d’accordo con i colleghi per fare un regalo agli sposi. E’ stata una grande, piacevole sorpresa. Ringrazio ancora tutti ed in particolare l’amica Loires.
Un’anno dopo è nato mio figlio Franco. Nel giorno che il sindacato aveva dichiarato sciopero, il Direttore di Produzione doveva sperimentare un nuovo prodotto. Era il giorno del battesimo di mio figlio.
Il giorno prima il Direttore parlò a tutti dicendo : domani guai a chi manca!! Io allora gli spiegai che non potevo esserci in quanto dovevo andare al battesimo di mio figlio.
Non provarci, disse.
Alla sera tutti tornammo a casa ma non ero arrivato nemmeno sotto il passaggio della ferrovia che sento accostare una macchina: era il Direttore il quale di nuovo disse : se domai non darai presente, ti lezio sui due piedi, ricordatelo, sarai licenziato. Io con tutta la mia forza ripetei che andavo al battesimo e lui di contro :non è vero… e se ne ando’.
Il giorno dopo ero presente come tutti gli altri ma con gli occhi lucidi.
Da allora sono passati tanti anni. Ero già in pensione e con il Sig. Marazzi ci si vedeva ogni tanto al supermercato.
“ Buon giorno, come va?..” e così’ via.
Una bella mattina al supermercato vedo il Marazzi. “ Valter, a proposito del battesimo, avevi ragione tu, ti prego di scusarmi “.
Naturalmente ho accettato le sue scuse, però il dispiacere che provai quel giorno rimarrà vivo nella mia mente.
Cambiamo argomento. Vorrei parlare del servizio di portineria.
Veniva svolto da noi portieri con il seguente orario : al mattino dalle 8.00 alle 12.00 ed al pomeriggio dalle 14.00 alle 18.00.
A turno, io ed gli altri colleghi, da lunedì al sabato, coprivamo le altre ore mancanti per arrivare alle 24 giornaliere. Non è finita qui: bisognava essere presenti tutte le domeniche, tutte le feste infrasettimanali, le festività di Natale, di Capo d’Anno, di Pasqua così via.
Quanto ero in portineria per Natale e Santo Stefano, saltavo l’ultimo dell’anno e Pasqua; si faceva a turno, una festività sì e una no : un bel tormentone!
Di notte, da solo, dovevo ispezionare sia l’interno che l’esterno dello Stabile, sotto la pioggia o la neve. Nelle notti buie speravo sempre di non incontrare qualche mal intenzionato ed al mattino presto dovevo preparare la pappa per il cane, farla bollire e portarla al cane che era dentro in una gabbia sul prato. Quando cercavo di aprire il cancelletto mi mostrava i denti ed aveva gli occhi fuori dalla testa. In seguito rifiutai questo servizio! Alla faccia dei portieri “protetti”!!!
Negli anni a seguire finalmente l’Azienda mise fine a questa ingiustizia e impose ai portieri i tre turni di otto ore giornaliere per tutto l’anno.
Tutti gli anni, d’inverno, si faceva manutenzione a tutte le parti ferrose dello stabile per togliere la ruggine; picchia di qua col martelletto, gratta di là con la spazzola di ferro,e poi con uno straccio si asciugava e puliva il tutto; alla fine si passava una pittura per coprire il tutto..
Un giorno è successo che mentre lavoravo vicino al portone d’ingresso alla produzione ho sentito un botto, come se si rompesse un traliccio che fungeva da pilastro. Poco dopo un altro botto secco, poi altri. A quel punto mi sono spaventato e sono corso in officina gridando: sta crollando la fabbrica!!! Tutti scapparono fuori a vedere cosa stava succedendo; il guaio era causato dall’esterno, dalla tettoia.
In nottata una copiosa nevicata aveva sovraccaricato la tettoia. Muratori presenti sono intervenuti con pallets a sostegno della tettoia e in seguito ci furono lesioni alle finestre con grosse crepe ai vetri. Urgeva ricostruire la struttura e così è stato fatto.
Ci sono stati periodi in cui si usciva dallo stabilimento per andare a fare i gelati in via Marchesi, i gustosi “aranci”.
Col tempo la fabbrica cessò di produrre gelati e tutta la sua attività.
Il magazzino veniva usato per ricevere i conservatori di ritorno da aggiustare.
Una persona competente sceglieva i malandati che si potevano sistemare e scartava quelli non più utilizzabili.
Io e Silvio Scaiola avevamo il compito di dividere quelli buoni da quelli inutilizzabili. Quelli distrutti li mettevamo uno sull’altro finchè le nostre braccia lo permettevano; naturalmente eravamo all’interno del magazzino ma non bastava; erano talmente tanti che abbiamo dovuto metterli nel cortile, uno sopra all’altro che il più alto toccava le finestre del primo piano: un vero lavoro da equilibristi e una fatica da farsi venire un’infarto.
Un giorno, mentre stavamo sistemando i conservatori, un gatto ci passo’ davanti e lo vedemmo scendere le scale dove alloggiavano i compressori. La sortita del gatto non ci piacque molto ed il giorno dopo, per farlo aspettare di entrare, abbiamo pensato una cosa a dir poco impensabile.
Sapendo che il gatto quando se ne andava passava sotto al cancelletto, abbiamo messo un pezzo di legno di traverso, lasciando una fessura di tre dita e armati di due scope cercavamo di scovare il gatto; Silvio giù, io in cortile nascosto. Il gatto uscì nel cortile senza vedermi e la scopata che prese da me, fece accelerare il suo ritmo che non si accorse del bastone: Passò dall’altra parte emettendo un urlo straziante; poverino, aveva lasciato parecchio pelo attaccato al cancello.
Il gatto non si vide più forse è andato a vivere in un altro quartiere.
Quante cose ci sarebbero da raccontare.
Voglio chiudere con le risate che si facevano durante le ore di lavoro. Un Giuliano Giacopelli , ora non più, sempre pronto con le sue battute irresistibili, faceva ridere persino le persone serie e schive. I suoi vocaboli colorati erano variabili come il menu di un ristorante. Caro Giuliano, mi ricorderò sempre di te come si ricorda un amico sincero.
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