01 Mar Quando i Prati Bocchi
Quando i Prati Bocchi erano ancora verdi, prendevo la bicicletta e andavo in una “banca” molto speciale, dietro un cavalcavia, quasi in campagna. Lo facevo a turno: sei-due, due-dieci, dieci-sei. La “Tanara”, per qualche anno, è stato il mio Bancomat estivo. Ci capitavo che non era ancora finito l’anno scolastico e per un paio di mesi inscatolavo, a cinque alla volta, il “Concertino”, panna e amarena, se non ricordo male. Oppure mettevo il nastro adesivo agli scatoloni di “Paciugo”. Due mesi di versamento, poi prelevavo e me ne andavo in giro per l’Europa. Grazie ai gelati ho consumato tenda e sacco a pelo. I “terribili” Grassani, Grignaffini e Giacopelli sono stati il mio primo contatto col mondo del lavoro, qualcosa lo devo anche a loro. Cerco di tornare al sogno degli anni Settanta: tra i sapori di zabaione e il desiderio di andare nelle celle frigorifere per guadagnare di più, ricordo una notte in “Tanara” quando guardavamo il cielo perché di lì a poche ore l’uomo sarebbe arrivato sulla Luna. Oppure l’incubo del cappellino bianco, che nessuno voleva portare e tutti dovevamo indossare, e la scossa di terremoto: ore 3,30, mese luglio, anno “una vita fa”.
Ascoltavamo i Beatles e De Andrè, la notte in “Tanara” il giorno in piscina, occhiate languide tra i vasconi di panna e nastri che trasportavano gelati. Ma sì, diciamolo, si “catturava” anche.
Nel regno candito si faticava ma sono stato bene e qualcosa, forse, ho imparato.
Ci chiamavano “stagionali”, ma nel freezer dei ricordi e della memoria quei mesi rinfrescano anche vent’anni dopo.
di Antonio Mascolo – Direttore Gazzetta di Modena
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